Lo specchio nello specchio by Michael Ende

Lo specchio nello specchio by Michael Ende

autore:Michael Ende [Ende, Michael]
La lingua: ita
Format: epub, mobi, azw3
pubblicato: 2012-04-19T09:36:43+00:00


“La nostra regina va a nozze”, bisbigliarono taluni, “e quello è lo sposo.”

“Ma se ha già un marito”, protestarono altri.

“Di questo non deve curarsi”, dissero alcuni. “Non per niente è la regina delle puttane.”

E un paio osarono persino chiedere: “Chi ha mai visto suo marito?

Forse non esiste nemmeno”.

Ma furono subito fatti tacere. Non era bene fare certi discorsi, la regina veniva a sapere tutto e con lei c’era poco da scherzare.

Quando l’uomo a cavallo giunse di fronte al portale nichelato dalla forma di una grande vulva, l’animale si fermò da solo. Nessuno si fece incontro al visitatore, nessun rumore si udì, l’edificio illuminato a giorno pareva come morto. Il mendicante si lasciò scivolare dalla sella, afferrò le due rudimentali grucce di legno appese al pomo e salì zoppicando gli scalini.

All’interno dell’edificio tutto era fatto di un materiale color nerografite di una lucentezza metallica, ma le forme potevano essere sia di origine tecnica che organica. C’erano pareti e soffitti scanalati come un palato, e nel pavimento correvano nodosi funicoli di vene. C’erano stantuffi giganteschi che scivolavano lentamente avanti e indietro in tubi od orifizi, e altri, più piccoli, che eseguivano lo stesso movimento a folle velocità. Si sentiva un soffiare e un sordo gemere, talvolta anche un acuto cigolare e stridere. Su robuste barre lucide d’olio scorrevano su e giù manicotti azionati da bracci prensili molto articolati, e aggeggi simili a pompe pigiavano grossi pali dentro pozzi profondi. L’aria era pesante per l’odore di metallo caldo.

In altre stanze si trovavano panciuti spruzzatori che, a determinata distanza l’uno dall’altro, proiettavano densi liquidi in incavi o aperture ovali nel muro che poi richiudevano di scatto. Particolari difficoltà procurò all’uomo con le grucce un lungo corridoio a forma di tubo con le pareti e il pavimento scivolosi e in continuo movimento peristaltico. Infine si smarrì in una selva di nocchierute colonne che ininterrottamente si gonfiavano, si rizzavano e si contraevano di nuovo. L’uomo non sapeva più dove andare.

All’improvviso si trovò davanti una figura curva, grigia, un vecchio che lo scrutò ben bene a occhi socchiusi e chiese con voce rauca:

“Sei tu quello che è stato chiamato?”

Il mendicante assentì.

“Vieni!” disse il vecchio, e fece strada.

Dopo aver camminato a lungo giunsero in un’enorme sala rotonda, vuota e buia, al cui centro era, fortemente illuminato da riflettori, un podio simile a un ring, alto quasi quanto un uomo, anch’esso rotondo. Nel mezzo era posta una poltrona ginecologica nichelata su cui giaceva la regina delle puttane.

Nessuno mai aveva visto il suo viso, perché era coperto da una maschera d’acciaio. La sua testa era calva e anche il corpo nudo era completamente glabro. Le membra lisce come avorio, il tronco, il seno erano di immacolata bellezza, eppure la sua nudità produceva un effetto clinico, come quella di un corpo in una sala anatomica.

Quando i due furono davanti al podio, l’ometto grigio tossicchiò.

Lei sollevò la testa, le sue palpebre d’acciaio si aprirono, e osservò il mendicante con i suoi occhi di giada.

“Avvicinati!” esclamò pigramente. “Vieni su di me!”

La sua voce era carezzevole e morbida e inspiegabilmente artificiosa.



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